Leggi l’intervista completa qui>>
Abbiamo intervistato l’affermata pianista calabrese, la quale condivide la passione per il mondo dei suoni con quello dei numeri (è docente presso l’Università della Calabria). Le sue risposte rappresentano una riflessione, appassionata e sincera, sui dilemmi, sui dubbi e sulle possibili risposte di chi, in nome dell’arte e della scienza, vive e ricerca tra ragione e sentimento
Maestro Carbone, quali sono state le motivazioni e le spinte esistenziali e culturali grazie alle quali è diventata una pianista concertista? E, più in generale, esiste a suo avviso una specie di “ricetta” partendo dalla quale questo diventare un qualcosa in ambito artistico può essere valida per molti?
Se dicessi che il pianoforte è la mia vita, cadrei nel banale, se dicessi che non posso fare a meno di pensare al pianoforte come fosse un prolungamento del mio corpo, cadrei un po’ nello scontato. Tuttavia, senza queste due riflessioni preliminari, per quanto ovvie esse sembrino, non sarei mai diventata una pianista concertista. E però non bastano a spiegare il mio percorso e le mie scelte. Volendo usare il linguaggio matematico, direi che esse sono condizioni necessarie, ma non sufficienti. Se parliamo di “ricetta”, posso senza dubbio elencarne gli “ingredienti”, alcuni dei quali generali, altri molto personali. Quelli generali, che valgono un po’ per ogni musicista e che costituiscono – usando ancora un’espressione matematica – il massimo comune denominatore, sono la pazienza, la costanza, la disciplina, l’umiltà. Quelli generali, invece, si legano alla prima parte della sua domanda, complessa come la risposta che cerco ora di sintetizzare.
Suonare in pubblico (anzi, per il pubblico) significa trasmettere le mie emozioni, i miei stati d’animo, raccontare una storia: tutto arriva dopo mesi e mesi di studio e di ricerca, dopo un’attenta lettura dello spartito e soprattutto alla fine di un percorso attraverso il quale rappresento (e spero di farlo nel migliore dei modi) la volontà del compositore. Ogni volta è una sfida, una scommessa, che alimentano il mio desiderio di comunicare al pubblico tutto ciò che so e tutto ciò che sono. Ecco perché, ancor più dei concerti, amo tenere quelle che chiamo conversazioni-concerto, nelle quali parlo al pubblico e lo guardo, ed è come se entrassi in sintonia con chi mi ascolta. Ho bisogno di condivisione, di empatia. D’altra parte, sono anche un animale solitario, che ama stare ore e ore a lavorare, a studiare, a meditare, a ricercare. Ho bisogno sempre di nuove sfide, di cimentarmi con brani nuovi, anche se mai scelti a caso, di arricchire una cultura musicale ed extra musicale che considero sempre insufficienti. La dualità pubblico-privato è presente in me in maniera del tutto evidente. Sono quella che sono perché so chi sono e so dove sto.